
Reati ostativi: le modifiche dell’art.4 bis dell’Ordine Penitenziario
Il nuovo articolo 1 del DL 162/2022
L’art. 1 del DL 162/2022 interviene sull’Ordinamento penitenziario (OP) in tema di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e ritenuti tali da precludere l’accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (c.d. reati ostativi, di cui all’art. 4-bis OP, legge n. 354 del 1975).
A tal fine, l’art. 1:
– esclude dal novero dei reati ostativi i delitti contro la pubblica amministrazione;
– estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici anche ai reati non ostativi, ma che siano caratterizzati da nesso teleologico con tali reati;
– trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo;
– sostituisce la disciplina della collaborazione impossibile o irrilevante con una nuova regolamentazione dell’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione, applicabile a tutti i detenuti ed internati che non collaborano con la giustizia;
– prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza cui la magistratura di sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino.
Il nuovo articolo 4 bis della Legge sull’Ordinamento Penitenziario
La peculiare ratio dell’art. 4-bis OP è quella di differenziare il trattamento penitenziario dei condannati per reati di criminalità organizzata o altri gravi delitti, dal trattamento dei condannati “comuni”, subordinando l’accesso alle misure premiali e alternative previste dall’ordinamento penitenziario a determinate condizioni.
I delitti per cui opera la presunzione di pericolosità sociale (c.d. ostativi all’accesso ai benefici)
Il comma 1 dell’art. 4 bis OP elenca i delitti ostativi: l’espiazione di una condanna relativa a tali delitti non consente la concessione delle misure dell’assegnazione al lavoro all’esterno, dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI OP, esclusa la liberazione anticipata. Per effetto dell’art. 2 del DL n. 152 del 1991 il regime restrittivo per l’accesso ai benefici penitenziari, previsto all’art. 4-bis, si estende anche al regime della liberazione condizionale.
L’art. 2 del D.L. n. 152 del 1991 (convertito dalla L. n. 203 del 1991), infatti, per l’ammissione alla liberazione condizionale dei condannati per uno dei delitti di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, impone gli stessi requisiti previsti dal menzionato art. 4-bis per l’accesso ai benefici penitenziari. Questa condizione giuridica è superabile soltanto in presenza di un’avvenuta collaborazione con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter OP.
I c.d. delitti ostativi, elencati dall’articolo 4-bis, comma 1, sono i seguenti:
– delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza;
– associazione di tipo mafioso ex art. 416-bis e 416-ter c.p. e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività di tali associazioni;
– riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600, c.p.);
– induzione o sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-bis, comma 1, c.p.);
– produzione e commercio di materiale pornografico minorile (art. 600- ter, commi 1 e 2, c.p.);
– tratta di persone (art. 601, c.p.);
– acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);
– violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies, c.p.);
– sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.);
– delitti relativi all’immigrazione clandestina (art. 12 t.u. immigrazione);
– associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater, T.U. dogane);
– associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, T.U. stupefacenti).
Da ultimo, per effetto della legge n. 3 del 2019 (c.d. legge “Spazzacorrotti”), al catalogo di reati ostativi sono stati aggiunti taluni delitti contro la pubblica amministrazione:
• peculato (art. 314 c.p.);
• concussione (art. 317 c.p.);
• corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.);
• corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.);
• corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.);
• induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.);
• corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);
• istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.);
• delitti di cui all’art. 322-bis c.p. per le ipotesi di reato ivi richiamate (concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri).
Il nuovo comma 1 dell’art. 4-bis dell’Ordine Penitenziario
Il comma 1, lettera a), n. 1) dell’art. 1 novella il comma 1 dell’art. 4-bis (delitti ostativi): l’espiazione di una condanna relativa a tali delitti non consente la concessione delle misure dell’assegnazione al lavoro all’esterno, delle misure alternative alla detenzione, nonché della liberazione condizionale (in forza del rinvio operato dall’art. 2, DL n. 152/1991). Tale condizione giuridica è superabile soltanto in presenza di collaborazione con la giustizia (ai sensi dell’art. 58-ter OP).
La novella estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici penitenziari anche in caso di esecuzione di pene inflitte per delitti diversi da quelli ostativi, quando il giudice della cognizione o dell’esecuzione accertino che tali delitti sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati ostativi ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati.
La riforma riproduce la formulazione dell’aggravante comune della connessione teleologica di cui all’art. 61, primo comma, n. 2) senza richiamarla. La novella introdotta con il decreto-legge in esame estende l’applicazione della disciplina del regime ostativo anche al caso in cui la condanna per reati ostativi e non ostativi sia stata adottata con un’unica sentenza. Inoltre, viene attribuita rilevanza anche all’accertamento della connessione qualificata eventualmente compiuto in fase esecutiva.
La modifica interviene dunque in relazione ai casi di cumulo (materiale o giuridico), di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell’elenco dell’art. 4-bis OP La giurisprudenza di legittimità è da tempo costante nel ritenere che, nel caso di cumulo, materiale o giuridico, di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell’elenco dell’art. 4-bis OP, occorre procedere allo scioglimento del cumulo, venendo meno l’impedimento alla fruizione dei benefici penitenziari qualora l’interessato abbia già espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi: con l’ulteriore precisazione che, a questi fini, deve ritenersi scontata per prima la pena più gravosa per il reo, ossia quella riferibile ai reati che non consentirebbero l’accesso ai benefici.
Tale indirizzo giurisprudenziale recepisce le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del 1994 (e recentemente ribadito nella sentenza n. 33 del 2022), concludendo per la non conformità alla Costituzione di una diversa interpretazione che porti all’esclusione della concessione di misure alternative ai condannati per un reato grave, ostativo all’applicazione delle dette misure, anche quando essi, avendo espiato per intero la pena per il reato grave, stiano eseguendo la pena per reati meno gravi, non ostativi al predetto riconoscimento.
Nel corso dell’esame da parte del Senato è stato modificato il comma 1 dell’art. 4-bis OP ed esclusi i seguenti delitti contro la pubblica amministrazione dal catalogo dei reati ostativi:
– peculato, escluso il peculato d’uso (art. 314, primo comma, c.p.);
– concussione (art. 317 c.p.),
– corruzione impropria (art. 318 c.p.)
– corruzione propria, semplice e aggravata (art. 319 e 319-bis c.p.)
– corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)
– indebita induzione a dare o promettere utilità (art. 319-quater, primo comma, c.p.)
– corruzione di incaricato di pubblico servizio (art. 320 c.p.)
– corruzione attiva (art. 321 c.p.)
– istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
– peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi e funzionari dell’Unione europea e di Stati esteri (art. 322-bis, c.p.).
Il nuovo comma 1-bis dell’art. 4-bis dell’Ordine Penitenziario
Sempre il comma 1, lettera a), ma al n. 2), dell’art. 1 prevede l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis OP e l’aggiunta di 3 nuovi commi (1-bis.1; 1-bis 1.1 e 1-bis.2).
La nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo.
In particolare è modificata la disciplina dettata dal comma 1-bis dell’articolo 4-bis OP che attualmente – per i c.d. reati ostativi – consente la concessione di benefici e misure nelle ipotesi in cui sia accertata l’inesigibilità (a causa della limitata partecipazione del condannato al fatto criminoso) o l’impossibilità (per l’accertamento integrale dei fatti) della collaborazione: prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in esame, in tali casi, non sussistendo margini per un’utile cooperazione con la giustizia, veniva meno la preclusione assoluta stabilita dal comma 1, purché fossero acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.
La novella sopprime l’istituto della impossibilità e/o inesigibilità-irrilevanza della utile collaborazione con la giustizia (comma 1-bis, previgente formulazione) e ridefinisce le condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione attraverso la riformulazione integrale del comma 1-bis dell’art. 4-bis O.P. che viene scomposto nei commi 1-bis, 1-bis.1 e 1-bis.2.
Sono ricompresi nel nuovo comma 1-bis i condannati per le seguenti fattispecie:
– delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza;
– art. 416-bis c.p. (associazione di tipo mafioso), nonché i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste (c.d. aggravante di mafiosità);
– art. 416-ter c.p. (scambio elettorale politico- mafioso);
– art. 12, commi 1 e 3, d.lgs. 25.07.1998, n. 286 (t.u. immigrazione, plurime condotte di ingresso illegale di stranieri nel territorio dello stato);
– art. 291-quater, d.p.r. 23.01.1973, n. 43 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri);
– art. 74 d.p.r. n. 309/90 (associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti).
Quanto ai detenuti e agli internati per tali delitti associativi, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento», nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia ripartiva.
Il nuovo comma 1-bis 1 dell’art. 4 bis dell’Ordine Penitenziario
Nel nuovo comma 1-bis.1 sono compresi i condannati per le seguenti residuali fattispecie, non associative:
– art. 600 c.p. (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù);
– art. 600-bis, comma 1, c.p. (induzione, reclutamento, favoreggiamento della prostituzione minorile);
– art. 600-ter, commi 1 e 2, c.p. (pornografia minorile);
– art. 601 c.p. (tratta di persone);
– art. 602 c.p. (acquisto e alienazione di schiavi);
– art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo);
– art. 630 c.p. (sequestro di persona a scopo di estorsione).
Per tali reati si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, e dunque la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto).
Il nuovo comma 1-bis.1.1 dell’art. 4-bis OP
Inoltre, nel corso dell’esame da parte del Senato, è stato introdotto nell’art. 4-bis O.P., il nuovo comma 1-bis.1.1, volto a prevedere la possibilità che il provvedimento di concessione dei benefìci sia accompagnato da prescrizioni volte ad impedire:
– il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
– ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possano portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
Viene previsto che a tal fine il giudice possa disporre che il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato.
Il nuovo comma 1-bis.2 dell’art. 4-bis OP
Sempre il comma 1, lettera a), ma al n. 2), dell’art. 1 introduce, infine, nell’art. 4-bis O.P., il nuovo comma 1-bis.2 il quale specifica che i condannati per il delitto di associazione per delinquere (di cui all’art. 416 c.p.) finalizzato alla commissione di uno dei delitti elencati nel comma 1-bis.1 (reati non associativi), ai fini della concessione dei benefici sono inclusi nella categoria dei condannati di cui al comma 1-bis (reati associativi).
Il nuovo comma 2 dell’art. 4-bis OP
Sempre al comma 1, lettera a), ma al n. 3) dell’art. 1, si interviene sul comma 2 dell’articolo 4-bis OP per introdurvi una nuova disciplina del procedimento per la concessione dei benefici penitenziari per i detenuti non collaboranti condannati per reati c.d. ostativi.
In particolare, il giudice di sorveglianza, ha l’obbligo:
• di acquisire informazioni relative:
• al perdurare della operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato;
• al profilo criminale del detenuto e alla sua posizione all’interno dell’associazione;
• alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione;
• di chiedere il parere del PM presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i gravi delitti indicati dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., del PM presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
• di acquisire informazioni dalla direzione dell’istituto dove l’istante è detenuto;
• di disporre nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali.
Con riguardo alla tempistica la riforma prevede che i pareri, con eventuali istanze istruttorie, e le informazioni e gli esiti degli accertamenti siano resi entro 30 giorni dalla richiesta, prorogabili di ulteriori 30 giorni in ragione della complessità degli accertamenti e che decorso tale termine, il giudice debba decidere anche in assenza dei pareri e delle informazioni richiesti.
La riforma prevede inoltre, nel caso in cui dall’istruttoria svolta emergano indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica e eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, l’onere per il condannato di fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria.
In relazione all’onere in capo al condannato di fornire elementi di prova, si ricorda che la Corte costituzionale (sentenza n. 253/2019) ha sottolineato che se le informazioni pervenute dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica depongono in senso negativo “incombe sullo stesso detenuto non il solo onere di allegazione degli elementi a favore, ma anche quello di fornire veri e propri elementi di prova a sostegno”.
Nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice dovrà indicare specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, avuto altresì riguardo ai pareri acquisiti.
La riforma subordina inoltre la concessione dei benefici ai detenuti soggetti al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis OP, alla previa revoca di tale regime. Con riguardo al regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis OP, tale disposizione prevede che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte – nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 4-bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva – l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.
Il provvedimento di sospensione è adottato con decreto motivato del Ministro della Giustizia, anche su richiesta del Ministro dell’Interno, sentito l’ufficio del PM che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell’ambito delle rispettive competenze.
Il provvedimento medesimo ha durata pari a 4 anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto di specifiche condizioni. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno dell’operatività della stessa.
Il nuovo comma 2-bis.1 dell’art. 4-bis OP
Il comma 1, lettera a), ma al n. 5) dell’art. 1, inserisce nell’art. 4-bis O.P. il nuovo comma 2-bis.1 il quale esclude l’applicazione della disciplina procedurale per la concessione dei benefici (di cui ai commi 2 e 2-bis dell’art. 4-bis):
– per la modifica del provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno (art. 21 OP) quando non sono decorsi più di 3 mesi dal momento in cui il provvedimento stesso è divenuto esecutivo;
– per la concessione di un permesso premio (art. 30-ter OP) da parte di un condannato già ammesso a fruirne quando non sono decorsi più di 3 mesi dal provvedimento di concessione del primo permesso premio.
Il nuovo comma 2-ter dell’art. 4-bis OP
Sempre al comma 1, lettera a), n. 5) dell’art. 1, introduce – nell’art. 4-bis O.P. – il nuovo comma 2-ter, volto a specificare che il PM presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado può svolgere le funzioni di PM nelle udienze del tribunale di sorveglianza che abbiano ad oggetto la concessione dei benefìci nei confronti di condannati per i gravi reati di cui all’articolo 51 co. 3-bis e co. 3-quater c.p.p (vedi sopra).
Nel corso dell’esame da parte del Senato è stata aggiunta la disposizione che specifica che in tale caso, se ha sede in un distretto diverso, il PM può partecipare all’udienza mediante collegamento a distanza