Queste le novità legislative che devono essere confermate in tema di disciplina transitoria per i condannati dalla Camera, così divenendo legge dello Stato entro il 30 dicembre 2022.
Il nuovo art. 3 del DL 162/2022: disposizioni transitorie in materia di divieto di concessione dei benefìci penitenziari
L’art. 3 DL 162/2022 prevede una disciplina transitoria da applicare ai condannati non collaboranti per reati “ostativi” commessi anteriormente all’entrata in vigore della riforma, con riguardo alle specifiche disposizioni che rendono più gravoso il regime di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale.
Estensione del regime differenziato per l’accesso ai benefici penitenziari
Il comma 1 dispone in merito al regime transitorio della disposizione introdotta dall’art. 1, comma 1, lettera a), DL 162/2022 (vedi articolo I reati ostativi. Le modifiche dell’art. 4 bis O.P.) la quale estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici penitenziari anche in caso di esecuzione di pene inflitte per delitti diversi da quelli ostativi, quando il giudice della cognizione o dell’esecuzione accertino che tali delitti sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati ostativi ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati.
Trattandosi di una modifica di natura peggiorativa, in quanto estende il novero dei delitti “ostativi”, il decreto legge in esame ne limita l’applicazione prevedendo che la stessa non si applichi quando il delitto “non ostativo” sia stato commesso prima della data di entrata in vigore del decreto stesso.
Le norme transitorie conseguenti alla nuova disciplina (art. 1 DL 162/2022)
Il comma 2 introduce le norme transitorie conseguenti alla nuova disciplina (dettata dall’art. 1 DL 162/2022) delle condizioni di accesso ai benefici e alla soppressione delle disposizioni relative alle ipotesi di collaborazione impossibile (tale in ragione della limitata partecipazione al fatto criminoso ovvero dell’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità) o irrilevante (tale allorché al detenuto o internato sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 n. 6 cp, dall’art. 114 cp ovvero dall’art. 116 co. 2 cp).
Prima dell’entrata in vigore del DL 162/2022, il comma 1-bis, dell’art. 4-bis OP, per i reati “ostativi” prevedeva il superamento del divieto di ammissione ai benefici – purché fossero stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva – altresì nelle due ipotesi di c.d. collaborazione impossibile o irrilevante e cioè nei casi:
• di impossibilità di un’utile collaborazione con la giustizia determinata dalla limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero dall’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile;
• in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti sia stata applicata la circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno (art. 62, numero 6, c.p.), oppure quella della minima partecipazione al fatto (art.114 c.p.) ovvero se il reato è più grave di quello voluto (art. 116, secondo comma, c.p.).
Il nuovo regime delle condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale risulta, per i soggetti condannati per reati ostativi che rientrano nelle situazioni di collaborazione impossibile o irrilevante, più gravoso di quello previsto dalla normativa antecedente al decreto. Tali situazioni non hanno infatti rilievo nella nuova disciplina, mentre nel previgente art. 4 bis comma 1-bis OP erano equiparate alla collaborazione: il DL 162/2022 – sopprimendo le previgenti disposizioni- dispone che il giudice proceda al vaglio delle condizioni previste dai nuovi commi 1 bis e 1bis.1 per l’accesso ai benefici anche in situazioni in cui la collaborazione risulterebbe impossibile o irrilevante.
Il comma 2 dispone, quindi, che ai condannati che, prima della data di entrata in vigore della riforma, abbiano commesso i reati ostativi di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis O.P., nei casi di collaborazione impossibile o irrilevante (v. sopra):
• i benefici penitenziari di cui all’art. 4-bis, comma 1 O.P. e la liberazione condizionale possono essere concesse, secondo la procedura che agli stessi si applicava prima dell’entrata in vigore del decreto legge (comma 2 dell’articolo 4-bis O.P)., purché siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
• ai condannati alla pena dell’ergastolo non si applicano né la disposizione che prevede il termine di 30 anni invece di 26 per l’accesso alla liberazione condizionale, né quella in base alla quale occorrono 10 anni invece di 5 per estinguere la pena dell’ergastolo e revocare le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice; in ogni caso invece si applica la nuova disposizione secondo la quale la libertà vigilata comporta sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i gravi specifici
reati o sottoposti a misura di prevenzione.
Illegittimità dell’efficacia retroattiva dell’estensione dei limiti di accesso a varie misure alternative
La Corte costituzionale, con sentenza n. 32 del 2020, aveva già dichiarato costituzionalmente illegittima l’efficacia retroattiva dell’estensione dei limiti di accesso a varie misure alternative stabiliti dall’art. 4-bis OP (compreso l’effetto indiretto rappresentato dal divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, c.p.p.) con riguardo ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 3/2019.
La Corte ha specificato che «di regola, le pene detentive devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione, salvo però che tale legge comporti, rispetto al quadro normativo vigente al momento del fatto, una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale. In questa ipotesi, infatti, l’applicazione retroattiva è incompatibile con l’art. 25, secondo comma, Cost., anche per l’intuitiva evidenza degli effetti distorsivi prodotti dal mutamento del quadro normativo sull’esecuzione della pena rispetto alle scelte difensive degli imputati, esposti a conseguenze sanzionatorie affatto impreviste e imprevedibili, i cui effetti sono però irrevocabili.
Se l’art. 25, secondo comma, Cost. non si oppone a un’applicazione retroattiva delle modifiche derivanti dalla disposizione censurata alla disciplina dei meri benefici penitenziari, e in particolare dei permessi premio e del lavoro all’esterno, in quanto il rendere più gravose le condizioni al loro accesso non determina una trasformazione della natura della pena da eseguire, la conclusione opposta si impone, invece, in relazione agli effetti prodotti sul regime di accesso alle misure alternative alla detenzione, e in particolare all’affidamento in prova al servizio sociale, alla detenzione domiciliare nelle sue varie forme e alla semilibertà, poiché trattasi di misure di natura sostanziale che incidono sulla qualità e quantità della pena.
La medesima conclusione si impone – in forza del rinvio “mobile” di cui all’art. 2 del decreto-legge n. 152 del 1991 – per la liberazione condizionale, istituto funzionalmente analogo alle misure alternative alla detenzione, anch’esso finalizzato al graduale reinserimento del condannato nella società».
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